martedì 31 ottobre 2017

INCANTO E DISINCANTO. UN LIBRO DI CHARLES TAYLOR









 TAYLOR, CHARLS, Incanto e disincanto. Secolarità e laicità in Occidente, Dehoniane, Bologna 2014 p.100
Analisi storica del termine secolare (19-30)
Il modello deista ha contribuito a definire la religione buona o accettabile per gran parte della discussione occidentale degli ultimi secoli […] La religione può essere quindi utile all’ordine sociale se inculca i principi giusti, ma deve evitare di diventare una minaccia a tale ordine sfidandolo dall’esterno (31).
Le formule per una convivenza reciprocamente vantaggiosa si sono evolute in molte tradizioni religiose differenti e no sono il monopolio di quanti hanno adottato una prospettiva plasmata dalla diade occidentale moderna, in cui il secolare rivendica l’esclusiva sulla realtà (35).
Uno dei vettori principali della civiltà medievale nel corso degli ultimi sei o sette secoli è stata l’enfasi crescente su una religione dell’impegno personale, in contrapposizione a forme maggiormente centrate sui rituali collettivi. Lo si può constatare nella crescita di una religione più cristocentrica nell’alto medioevo [,..] Ulteriori prove sono offerte dai movimenti devozionali. Un esempio storico famoso è rappresentato dalla decisione del Concilio Lateranense del 1215 di esigere da tutti i credenti la confessione e l’assoluzione di un prete per poter ricevere la comunione almeno una volta all’anno (38).
Come molti hanno notato, un aspetto sorprendente della marcia occidentale verso la secolarità è che fin dall’inizio si è intrecciata con questa spinta verso una religione personale (40).
Cap. 3: analisi della nascita e sviluppo delle religioni a spiritualità assiali (è una definizione di Karl Jaspers).
Nelle così dette religioni arcaiche le persone erano profondamente radicate nelle loro forme di vita […] Nelle religioni primigenie ci si rapportava a Dio anzitutto come società(56).
Quel fenomeno che ho definito radicamento sociale è quindi in parte un problema identitario. Dal punto di vista del senso di sé individuale, significa l’incapacità d’immaginarsi al di fuori di una certa matrice (59).
Ciò che le persone domandano quando invocano o placano la divinità e le potenze è la prosperità, salute, una lunga vita, o la fertilità; ciò da cui chiedono di essere preservate è la malattia, la carestia, la sterilità, la morte prematura. E’ all’opera qui una certa concezione della prosperità umana che è immediatamente comprensibile e che appare del tutto naturale (61).
Nel cristianesimo o nel buddhismo è presente una concezione del nostro bene che oltrepassa la prosperità umana e che noi possiamo raggiungere anche se falliamo completamente dal punto di vista della fioritura umana, persino grazie a tale fallimento. Il paradosso del cristianesimo, rispetto alle religioni precedenti, è che sembra affermare l’incondizionata benevolenza di Dio verso gli umani (62).
L’aspetto sorprendente delle religioni assiali […] è che esse diedero origine a una frattura in tutte e tre le dimensioni del radicamento: ordine sociale, cosmo, bene umano (63).

L’epoca assiale non modificò d’emblée e totalmente la vita religiosa di intere società, ma rese possibile una religione non radicata (67).
Sembra che le spiritualità assiali non siano riuscite a produrre in tot il loro effetto di sradicamento perché, per così dire, vennero arginate dalla forza della vita religiosa maggioritaria, rimasta saldamente ancorata al vecchio stampo. In Verità esse hanno generato una certa forma d’individualismo religioso (70).
Mi preme almeno menzionare due diverse tipologie di compromesso, che meriterebbero una disanima molto più approfondita, ma a cui posso dedicare qui solo qualche pensiero. L’equilibrio in tensione della cristianità latina emerge e diventa evidente nel Carnevale e in festività analoghe (74).
La progressiva imposizione di un ordine stabile e razionale del cristianesimo moderno, sancì la fine dell’instabile equilibrio postassiale. S’infranse, perciò, il compromesso tra, da un lato, la religione personale fatta di devozione, obbedienza o di una virtuosità concepita razionalmente e, dall’altro, i rituali collettivi, spesso cosmo centrici, della società nel suo complesso, a tutto vantaggio della religiosità individuale. Il disincanto, la Riforma e la religione personale procedettero di pari passo. Come la chiesa era tanto più perfetta quando ciascuno dei suoi membri vi aderiva in maniera individuale e responsabile […] così la società stessa finì per essere reinterpretata come un’associazione d’individui. Il grande sradicamento che era già implicito nella rivoluzione assiale, raggiunge qui la sua conclusione logica. Il presupposto di questo cambiamento fu la crescita e il consolidamento di una nuova auto comprensione della nostra esistenza sociale in cui venia attribuita un’importanza storicamente inedita dell’individuo (78-79).
A mio modo di vedere è questo il progetto di trasformazione che è stato portato avanti all’interno della cristianità latina. I vettori dell’impegno e del disincanto hanno preso forma attraverso una serie di tentativi di riforma. L’obiettivo era trasformare alla radice le vite dei cristiani e anche il loro ordine sociale, conformandoli alle richieste dl Vangelo (81).
La mia tesi è che l’effetto del tentativo cristiano, o stoico-cristiano, di ristrutturare la società dando vita al moderno “individuo nel mondo” fu molto persuasivo e articolato. Esso contribuì a spingere prima l’immaginario morale e quindi quello sociale in direzione del moderno individualismo (83).
Ai due vettori collegati dell’impegno personale e del disincanta mento se ne possono aggiungere due, altrettanto strettamente connessi: quelli dei movimenti di riforma e sradicamento, o la nascita dell’individualismo moderno. E questi ultimi sono a loro volta collegati a un quinto vettore, che è a mio avviso uno degli aspetti basilari (84).
Che cosa è dovuto succedere perché prendesse piede questo genere di atmosfera secolare? Prima di tutto era indispensabile la comparsa di una cultura basata su una distinzione netta tra il naturale e il soprannaturale. In secondo luogo doveva diventare concepibile una vita vissuta interamente all’interno della sfera naturale (85).
La crisi della fede in Dio si è prodotta in simbiosi con questa fede in un ordine morale di individui titolari di diritti destinati ad agire per il beneficio reciproco […] Questa visione dell’ordine ha plasmato in profondità le forme dell’immaginario sociale prevalenti nell’Occidente moderno: l’economia di mercato, la sfera pubblica, il popolo sovrano. In altre parole, il cambiamento cruciale verificatosi in questo contesto potrebbe essere descritto come la nascita della possibilità di vivere entro un ordine puramente immanente (87).
I vettori della religione personale e del disincanta mento hanno contribuito alla marginalizzazione dei rituali collettivi (89).
Davvero tutte le religioni del mondo sono destinate a muoversi verso la condizione della modernità occidentale, con un mondo disincantato, un forte senso di un ordine immanente autosufficiente e un’identità decisamente schermata? […] Un conclusione che si potrebbe trarre dalla narrazione alternativa abbozzata in queste pagine è che tutti i movimenti in avanti hanno un costo: le rivoluzioni assiali con le loro concezioni del bene superiore; la riforma occidentale con la su abolizione dell’incanto e la repressione dei rituali collettivi; la creazione dell’ordine immanente (92).

“Il saggio, concepito espressamente per il pubblico italiano, illustra la direzione che ha assunto negli ultimi anni la riflessione di Charles Taylor sulla secolarità. Da un lato il filosofo canadese sembra interessato a contestualizzare ulteriormente la traiettoria secolarizzante moderna proiettandola sull'orizzonte di un ampio tempo storico. Poiché i successi incontestabili della modernità occidentale hanno da sempre esercitato, al suo interno e all'esterno, un fascino quasi ipnotico, per lo studioso è importante resistere al loro potere di suggestione diluendone l'impatto e la significatività grazie all'effetto calmierante della lunga durata. La seconda leva utilizzata da Taylor per rendere meno ovvio l'orientamento secolarista della mentalità moderna consiste nella moltiplicazione dei significati della modernità, della reiterazione del suo progetto in una prospettiva globale: in una parola, nel "provincializzare l'Europa". Davvero esiste un unico modello di laicità? O un solo prototipo di libertà, individualismo, autorealizzazione? Per chi è scettico riguardo alla pretesa arrogante della civiltà occidentale di aver esaurito l'intero spettro delle possibilità di espressione umane, una delle principali fonti di interesse è rappresentata proprio dagli effetti imprevedibili, e spesso rigeneranti, della migrazione da un angolo all'altro del pianeta delle teorie e pratiche escogitate in risposta a specifiche difficili sfide storiche “(fondo di copertina).

martedì 10 ottobre 2017

EVANGELI GAUDIUM DI PAPA FRANCESCO: UNA NUOVA TAPPA EVANGELIZZATRICE




GIULIANO ZANCHI
CUM VERONA- GIUGNO 2016
Sintesi: Paolo Cugini


Evangeli Gaudium (EG) è un testo scritto in maniera ellittica: i temi ritorno in modo a spirale. Che cosa intende papa Francesco nell’EG quando parla di Evangelizzazione?
Come ripensare i ministeri? Quali nuovi equilibri? Come ripensare la comunità?
Francesco ha ribaltato la gerarchia delle preoccupazioni ecclesiali, rimettendo a fuoco il senso della presenza cristiana nella storia, i destinatari dell’azione evangelizzatrice. C’è il dato di fatto che la base resiste. Resistenza oggettiva e inaspettata. È un’aspirazione che non si sta traducendo in un metodo pastorale. Positivo è il clima di libertà.
Francesco ha dissotterrato il filo nascosto della teologia conciliare; ha dato concretezza allo spirito riformatore del Concilio. Ricomponendo i pezzi del compito pastorale. Prima di tutto la costruzione di una comunità che possa essere ospitale dei vissuti delle persone.

Asse del tema della misericordia intesa come tema sintetico della rivelazione cristiana, della rivelazione biblica. Rivelazione come qualcosa che non sapevamo e che ci deve essere comunicata da Dio. Dio si china a restituire integrità alla condizione umana, rendendo manifesta la misericordia la natura di Dio e il dover essere dell’uomo. Questo ha trovato forma nella natura umana di Gesù. La rivelazione ha disintegrato tutte le immaginazioni dell’uomo su Dio. Il cuore del Vangelo è stato proprio su questo punto. La battaglia di Gesù fra l’uomo e il sabato, fra l’amore a Dio e l’amore al prossimo: che cosa dobbiamo scegliere? Il grande comandamento di Gesù è: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi (Gv 13,34). La morte di Gesù come la sua disponibilità a lasciarsi morire indifeso per non infrangere l’immagine di Dio rivelata dalla sua vita.
Buona notizia: Dio non è come lo pensiamo noi. Saremmo consegnati all’implacabilità della legge di Dio nelle mani degli uomini.

Il tema cristiano della misericordia rischia di essere un tema frequentato dalla retorica e molto tollerato attraverso una specie di libertà vigilata. Il tema della misericordia come sintesi del vangelo ha a che fare con il dibattito sul rapporto tra grazia e libertà.
Qual è il compito che culturalmente ci viene assegnato al tema della misericordia? È un sentimento che interviene in alternativa al dovere della giustizia. La misericordia interviene là dove si deroga al dovere della giustizia. Culturalmente misericordia significa venir meno al dovere della giustizia. Alle istituzioni politiche tocca custodire il rispetto della vita civile ostaggio dell’economia globale. I salvagenti esistenziali sono temi di un’azione legata al sentimento individuale. Questo è il paradosso.
Questa antinomia tra giustizia e misericordia domina anche le precomprensioni della cultura credente nel discernimento di molte questione anche disciplinare.
Mettere la misericordia la centro della vita cristiana.

Tre grandi parole d’ordine che hanno fondato l’ortodossia civile dell’occidente: libertà, uguaglianza, fraternità. Nel bene e nel male abbiamo assimilato questi principi, sono categorie di chiara ascendenza evangelica. Di queste tre grandi categorie due sono diventati effettivi pilastri della grammatica di base della convivenza civile: libertà (senso individuale, coscienza del singolo, arbitrio individuale) e uguaglianza (contro la schiavitù. Estensione indifferenziata dell’individuale senza coscienza. Tutti voglio tutto come tutti. Solitudine di massa). Il modello sociale che nasce fondata sull’individuo che estende i diritti su tutti significa una vita sociale competitiva. È la filosofia neo-liberista che istituzionalizza la selezione naturale. Questo modello è funzionale alla cultura del consumo.
La fraternità, che dovrebbe essere il correttivo dei primi due, non è mai diventato una categoria civile, ma è rimasta una parola religiosa, circonfusa di un alone d’ingenuità. La nostra società per come si costruita non valorizza i legami sociali, ma li ostacola. Prima l’individuo e i suoi diritti e poi la società e i suoi problemi.
Qui s’inseriscono le idee di papa Francesco: cultura dello scarto, globalizzazione dell’indifferenza.

Restituire la centralità del patto umano e dei legami sociali è il kairòs testimoniale a cui l’epoca attuale chiama la testimonianza dell’evangelizzazione. Il dovere e il compito dei cristiani oggi passa attraverso la restituzione del patto umano dei legami sociali: la misericordia. Difendere questo profilo fondamentale della convivenza umana. La misericordia non è un sentimento in aggiunta della misura utilitarista dei rapporti umani. Non è una pratica suppletiva. La misericordia è la norma della vita quando la vita conserva la sua forma propriamente umana. Non è l’eccezione, ma la norma. Misericordia diventa capace di andare contro alla selezione del caso e contro il cinismo di fortunati, di quelli che solo intelligenti, belli, e pensano che questa sia la norma dell’esistenza e pensa che sia un merito.
EG 178: intima connessione tra evangelizzazione e promozione umana. Tutto il senso di ciò che dio vuole per il mondo può essere difeso e testimoniato tutte le volte che la vita umana viene assunto come scommessa. Tocca il corpo ferito dell’uomo e lo cura. È nel fare la carità che si annuncia la resurrezione dei corpi. Tema dei poveri, perché sono emblema vivente dell’umanità ferita. L’opzione per i poveri è una categoria teologica, prima che sociale, perché Dio concede loro la sua misericordia.

Essere categoria teologica della condizione del povero non rimane nell'empireo astratto. Il punto è rimuovere le condizioni dell’ingiustizia: questo è il compito dell’evangelizzazione cristiana. Per capire i problema dei poveri c’è bisogno di analisi sociologiche, economiche, ecc. La laudato sii (LS) è già dentro all’EG. Nella LS papa Francesco fa due cose semplici: prende due questioni che erano morte sorpassate: il tema della giustizia sociale (tema reso retorico ed estenuate della vittoria del modello neo liberale) e la questione ecologica (era finito nel dimenticatoio). Il papa prende queste due questioni e le mette insieme ridando vita ad entrambe. Questo è il compito dei cristiani nel mondo.


martedì 3 ottobre 2017

DIALOGO SULLA CHIESA DI FRANCESCO






Dibattito all’interno del gruppo Francesco dopo la lettura del capitolo 8 dell’AMORIS LAETITIAE

Sintesi: Paolo Cugini

Elena: mi sono ritrovata nelle affermazioni di Papa Francesco perché sentirsi guardati visti come la Maddalena o il figliol prodigo si fa presto fare un parallelo. Faccio una provocazione: senza voler giudicare il cammino di nessuno, come coniugare la misericordia che ci è stata donata con chi ha dei figli? Oggi questa misericordia è un po' diluita. Lo sfascio che vediamo è evidente. Come possiamo accompagnare i giovani alla consapevolezza di sé? La famiglia serve per dar solidità ai figli? Come possiamo fare per un’azione di accompagnamento? Come aiutare a capire che c’è un orizzonte verso cui guardare insieme? Cosa possiamo fare affinché lo sfascio delle famiglie finisca? Problema dell’affido condiviso.

Raffaella: il problema non è la separazione, ma il conflitto. Quello che fa male ai figli è la presenza del conflitto. Quelli che si separano a volte è perché da piccoli sono vissuti nell’inferno. Ho dei figli che credono nel matrimonio anche se sono separata. A volte succede il contrario. Occorre puntare sul perdono. Tante volte la pace si raggiunge con la divisione. Occorre avere la capacità di perdonarsi continuamente.

Manuela: sono divorziata. Ho sofferto più io dei miei figli. Mi sono sentita offesa dalla Chiesa. Ho cresciuto tre figli di cui uno è disabile. Desidero una chiesa che accoglie. I miei figli non sono più andati in Chiesa. Il prete deve imparare ad essere accogliente. Chi rimane deve poter soffrire insieme a qualcuno.

Emanuele: San Paolo dice di non sposarsi. Ci siamo dimenticati di ciò che è successo in passato. In origine tutte le persone partecipavano a queste cose. A san Bartolomeo si respira il sapore delle origini. Occorre che partecipiamo attivamente alla chiesa. Manca il sentimento nei cristiani di vivere con profondità il messaggio di Gesù e portarlo nella società. Vengo da 13 anni di allontanamento dalla Chiesa. La Chiesa che conoscevo si arenava in un giudizio ed in una lettura superficiale. Riprenderci in mano la nostra chiesa.

Sandra: vengo da una cultura cristiana molto rigida e devo compiere un lungo cammino per uscire. I discorsi di papa Francesco sono belli, ma facciamo fatica ad accoglierli. Abbiamo bisogno di aiuto. Dobbiamo aprire le menti e vedere le cose da un altro punto di vista.

Vanna. C’è un dato. Dagli anni ’60 ad oggi le coppie che si sono separata sono passate da 19 mila a 97 mila. La domanda è: che cosa possiamo fare davanti a questo fenomeno che è trasversale e che riguarda tutte le classi sociali. Una delle cose fondamentali è la preparazione al matrimonio, che sia la preparazione all’accettazione dell’altro che deve avvenire in un contesto di comunità. La messa domenicale è spesso puro ritualismo. Questa estraneità non è essere chiesa, perché la Chiesa è un condividere. Non è al sacerdote che devo fare il riferimento, ma è all’intera comunità che devo rispondere. Lo sforzo maggiore è quello di diventare comunità, è di poter avere momenti di condivisione e di poter contare l’uno sull’altro. Ciò vale sia per il discorso della Chiesa, che per il discorso sociale. Queste parole di Francesco o ci permeano o altrimenti è inutile. Se ci piacciono ci devono cambiare nel nostro stile di relazioni cristiane. È molto più semplice andare a messa con la pelliccia di visione e poi tornare a casa, senza coinvolgimento verso l’altro. Nella prima adolescenza ricordo l’ostilità che il Concilio Vaticano II provocò in un certo tipo di Chiesa.

Andrea: ci vuole del coraggio. La comunità dev’essere accogliente. Possiamo fare tanta strada se sappiamo accogliere. Dobbiamo essere accoglienti. È il primo passo. A volte rimaniamo chiusi nelle nostre certezze.

Stefano di Parma: quando sento parlare di comunità e di accoglienza mi viene un brivido. Dobbiamo trovare qualcosa di nuovo. Occorre andare oltre. Le persone che chiamiamo lontane dalla chiesa non desiderano avvicinarsi alle nostre comunità. La mia comunità non è disposta ad accettare persone lontane, o se lo fa, lo fa come assistenza. Sei sempre tu che devi andare da loro, verso la comunità. Piano piano mi sono allontanato e ho cercato di rimettermi in gioco. Mi chiedo: questo lavoro che ho fatto da solo come posso condividerlo? Il mondo ha bisogno di persone come me. In questa mia metodologia ho imparato ad essere cristiano nel mondo. A volte le nostre comunità sono troppo chiuse.

Enrico: L’omosessualità è uno dei punti molto dolenti nella Chiesa. C’è sempre un giudizio. Questo giudicare è passato nel nostro modo di agire. Se vogliamo cambiare questa Chiesa dobbiamo avere il coraggio di cambiare il nostro cammino. Devo ringraziare coloro che hanno condiviso con me il cammino con le persone omosessuali perché mi hanno aiutato molto. Le esperienze di sofferenza devono poterci insegnare qualcosa.

Marcello: Non dobbiamo avere fretta. Dobbiamo consolidare insieme. Mi è piaciuto molto l’incontro di stasera. Aspetto auto-formativo. Farsi prendere dal fare. Essere troppo abbagliati da Francesco Bergoglio. Diamoci il tempo di consolidare le nostre opinioni e di fare un cammino insieme. 15 secoli di clericalismo non si cambiano in cinque minuti. Me lo dico a me. In un prossimo incontro potremmo approfondire il rapporto che esiste tra le parole di Francesco, il Vangelo e gli atti degli apostoli. Quello a cui tendiamo dev’essere forte, costruito su fondamenti importanti. Darci il tempo di metabolizzare e formarci insieme.

Michele da Parma: nelle parole dette c’è un bel percorso di vissuto. Ci sono a volte delle tragedie che sono più grosse di noi. Non ho mai mollato la Chiesa e mi piace pensare che la Chiesa sia di Gesù Cristo più che di Francesco o do Camisasca. Sono il primo che deve perdonarsi. La comunità cristiana non è pronta. I preti non sono pronti. Non sono preoccupato della comunità cristiana: è interessante il mondo. La formazione va fatta sul Vangelo e non sulle teorie.

PROSSIMI INCONTRI:
 DOMENICA 5 NOVEMBRE ORE 20 Oraotrio Regina Pacis. Tema: I fondamenti Evangelici della proposta di Francesco

DOMENICA 3 DICEMBRE ORE 20 Oratorio Regina Pacis. Tema: Francesco e la Chiesa popolo di Dio. Un confronto con la Chiesa Latinoamericana