Riflessioni dalla GMG di Cracovia 2016
Paolo
Cugini
Sono ancora vive
nelle menti dei giovani, che hanno partecipato alla Giornata Mondiale della
Gioventù svoltasi a Cracovia dal 25 al 31 luglio 2016, le tante situazioni
forti vissute sia nella settimana di gemellaggio, che nelle giornate specifiche
della GMG. Vedere così tanti giovani provenienti da tanti paesi e continenti
per trascorrere alcuni giorni per pregare assieme al Papa, fa senza dubbio riflettere.
La presenza di così tanti giovani dice di un tessuto ecclesiale vivo, che
riesce ancora ad accompagnare i giovani in un cammino spirituale, fatto di
esperienze comunitarie, di momenti forti, di approfondimenti su temi
significativi dell’esistenza. La maggior parte dei giovani presenti alla GMG
provenivano da un lungo cammino di preparazione durato mesi. Questo aspetto va
sottolineato per togliere terreno a discorsi ambigui, alle facili battute sui papa boys, e altro. I giovani che erano
presenti alla GMG sapevano che non si trattava di una scampagnata e che
avrebbero dovuto affrontare tante difficoltà: dalle code ai bagni, alle file
per il cibo, al dormire per terra e altro. Sapevano inoltre molto bene di che
cosa avrebbe parlato il Papa. Tutte le diocesi attraverso gli uffici di
pastorale giovanile, si sono organizzate già dallo scorso anno per fornire
sussidi e percorsi specifici per arrivare alla GMG sul pezzo, per così dire.
Che cosa, allora, i giovani hanno ascoltato da Papa Francesco? Qual è stato il
fulcro del suo insegnamento durante le giornate di Cracovia?
Innanzi tutto,
ha colpito la continua provocazione che
Papa Francesco ha rivolto ai giovani. Nei primi interventi il Papa si è diretto
ai giovani con delle domande che esigevano delle risposte. Ha cercato il
dialogo, ha messo alla prova la reattività dei giovani presenti, la loro
disponibilità ad un cammino di fede attivo e non passivo. “Io vi
domando, voi rispondete: le cose si possono cambiare?... Siete capaci di
sognare? Volete voi una vita piena?”. Le domande provocatorie che Francesco
ha rivolto ai giovani erano in linea con uno dei temi centrali ei suoi
interventi, vale a dire l’invito costante di uscire dai binari della vita
comoda. Per approfondire il tema papa Francesco ha fatto riferimento ad una
serie d’immagini prese dalla vita quotidiana. Il Papa prende di mira i giovani
che gettano la spugna, che conducono una vita da pensionati, sdraiati sul
divano, giovani dalla faccia triste perché si sono sdraiati sul divano della
vita permettendo così che gli eventi decidano per loro. Vite di giovani
paralizzati che “confondono la felicità
con il divano: sì, credete che per essere felici abbiamo bisogno di un buon
divano, un divano che ci aiuti a stare comodi, tranquilli, ben sicuri… Un divano
che ci faccia stare chiusi in casa, senza affaticarci, né preoccuparci”.
Francesco parla di giovani imbambolati, intontiti che vanno in pensione a
vent’anni. In realtà, Francesco pende di mira il modello sociale ed economico
che produce questo stile di vita, che annienta le giovani generazioni, le
addormenta, le anestetizza. Le sue parole sono così, in linea con le analisi
che troviamo sia nell’Evangeli Gaudium, che nella Laudato Sii, che pongono
l’accento su quella economia che uccide non solo perché crea masse di poveri,
ma anche perché immerge nell’opulenza e nell’inerzia le nuove generazioni. La
vita tranquilla, sdraiata sul divano, è la negazione del Vangelo, che invece
esige prontezza e disponibilità alla risposta. Per questo Francesco consiglia di
vendere il divano e di comprarsi un paio di scarpe per camminare nelle strade
della vita e realizzare, così, il Regno di Dio.
Uno degli
aspetti di questo Regno che Gesù è venuto ad inaugurare è senza dubbio la misericordia, che è anche il tema
centrale della GMG. Non a caso papa Francesco nella cerimonia di accoglienza
dei giovani avvenuta al Parco Jordan a Blonia, nei pressi di
Cracovia ha sin da subito mostrato come il tema della misericordia sia
in contraddizione con la pigrizia e la vita tranquilla che la società
capitalista propone. “Un cuore
misericordioso ha il coraggio di lasciare la comodità; un cuore misericordioso
sa andare incontro agli altri, riesce ad abbracciare tutti... Un cuore
misericordioso sa condividere il pane con chi ha fame”. È impossibile divenire costruttori di ponti
se si rimane sdraiati nel divano, se si accetta di rimanere avvolti nelle
comodità della vita. Papa Francesco chiama i giovani alle loro responsabilità,
facendo perno su ciò che è caratteristica della giovinezza, vale a dire la
prontezza nella risposta, la creatività, la presa di posizione. E allora, sono proprio
i giovani coloro che sono chiamati oggi a costruire ponti e abbattere i muri
dell’odio, che politiche negligenti stanno costruendo nel nostro mondo, avvolto
dalla paura dell’altro che genera odio e diffidenza. “Le 14 opere di misericordia – ha ricordato Francesco durante la via
Crucis di venerdì 29 luglio – ci aiutino
ad aprirci alla misericordia di Dio, a chiedere la grazia di capire che, senza
la misericordia la persona non può fare niente, senza la misericordia io, tu,
noi tutti non possiamo fare niente”. Lo stesso concetto il Papa l’ha
ribadito il giorno dopo, nella veglia di preghiera al Campus Misericordiae di Cracovia,
quando invitava i giovani a rispondere all’odio del mondo con l’amore, a non
contrapporre violenza a violenza, ma a rispondere a questo mondo in guerra con
la fratellanza, la comunione, la misericordia.
C’è stato anche
lo spazio per un annuncio esplicito, per invitare i giovani a riflettere sulla figura di Gesù Cristo. Anzi, nelle
parole del primo discorso ufficiale del Papa ai giovani riuniti a Cracovia c’è
stato il richiamo alla presa di coscienza che la presenza di tutti era dovuta
all’invito di Gesù, che è vivo in mezzo a noi. “Gesù Cristo è colui che sa dare vera passione alla vita, Gesù Cristo è
colui ci porta a non accontentarci di poco e ci porta a dare il meglio di noi
stessi; è Gesù Cristo che c’interpella, ci invita e ci aiuta ad alzarci ogni
volta che ci diamo per vinti”. Gesù, quindi, non come figura del passato,
ma come presenza viva nelle persone che accolgono il suo Spirito e che
accettano di collaborare alla costruzione del suo Regno di misericordia. Per
questo, per Francesco, dire Gesù significa indicare uno stile di vita, che è la
via della croce che sfocia nella luce della risurrezione. È proprio questo
cammino che apre orizzonti nuovi, che offrono speranza al mondo chiuso nel
proprio egoismo e nelle proprie paure. “E
io vorrei che voi foste seminatori di speranza”.
Rileggendo con
attenzione i discorsi che Papa Francesco ha pronunciato nelle giornate di
Cracovia si percepisce la ricchezza del suo messaggio, la carica di speranza
che trasmette ma, soprattutto, la grande fiducia che manifesta avere nei
giovani. Rimane, allora, alle diocesi e alle comunità parrocchiali il compito di dare continuità ad un
messaggio così profondo ma, allo stesso tempo, così esigente ed autentico.