martedì 10 marzo 2015

CHE GUEVARA E LA STOLA

ARCHIVIO BRASILE



In questi anni alcuni giornali hanno pubblicato la foto nella quale dico messa con la maglia di Che Guevara. Voglio quindi riportare qui il testo che spiega il motivo di quella foto.



C’É POSTO IN ITALIA PER UN PRETE MESSO COSÌ?
 Paolo Cugini

Giuro che non l’ho fato apposta, per provocare. È venuto così, senza cercarlo, senza doppi fini. Sono giunto sul posto della messa e ho aperto lo zainetto dove metto gli indumenti e gli oggetti della messa. Ho notato che non c’era il camice. Probabilmente la signora che lava gli indumenti della chiesa, ha pensato bene di aprire lo zainetto per vedere le condizioni in cui si trovava il camice e la stola viola del tempo di quaresima e ha pensato bene di lavare il tutto. Dal canto mio non ho provveduto a guardare dentro, per verificare se tutto era a posto prima di partire per tre giorni in una regione della parrocchia. Sono giunto così, sul punto della messa senza camice e stola viola, come la liturgia di quaresima esige, ma solo con una stola verde, tipica del tempo comune. Appena ho notato che non c’era il camice mi sono accorto che addosso avevo la maglia rossa di Che Guevara. Anche questo fatto non è voluto: era una delle ultime rimaste nell'armadio. A questo punto mi rimanevano due alternative: o tornare a casa (20 km) per prendere il camice e la stola viola, o celebrare messa così, normale, mettendomi la stola verde sulla maglia rossa di Che Guevara. E così è andata. Nessuno mi ha detto assolutamente nulla. Nessuno si é avvicinato per dirmi qualcosa né sul camice, nel sul colore della stola, né tanto meno sulla mia maglietta rossa di Che Guevara. È stato in questo momento che sono diventato triste, perché il mio pensiero è andato immediatamente all'Italia, al fatto che fra pochi mesi tornerò in Italia definitivamente (ancora faccio fatica a crederci: vedremo).

 Senza dubbio lÌ in Italia non sarei passato inosservato e vari laici mi avrebbero criticato, richiamato, insultato. Certamente se fossero stati presenti sacerdoti e suore in un contesto simile sarei stato richiamato dalla curia, come minimo. E poi la gente si chiede perché noi missionari facciamo così fatica a tornare!

Perché le persone della comunità di Taboa no mi hanno detto nulla? A questo inquietante interrogativo posso dare alcune risposte. La prima è che nelle comunità di base il prete appare poche volte all'anno. Nella parrocchia di Ipirá, per esempio, formata da più di 100 Comunità di base, la gente vede il prete tre o quattro volte all'anno. Senza dubbio i liders di comunità incontrano spesso il sacerdote, sia negli incontri formativi, che in altri momenti. Per la maggior parte delle persone, però, l’incontro con il sacerdote, nelle nostre parrocchie formate di molte comunità, è un fatto non molto frequente. Forse è per questo che le persone non hanno tempo d’interessarsi molto dei vestiti e delle maglie del prete. Guardano e pensano ad altre cose.

Altro motivo. Per le persone presenti alla messa di sabato pomeriggio nella comunità di Taboa l’importante è la celebrazione, la Parola di Dio, l’Eucarestia, il cantare e pregare assieme: il contorno non è molto importante. Abbiamo celebrato a casa di una signore di 94 anni che vive da sola e alla quale tutti vogliono molto bene. Me lo diceva il signor Dori dopo la messa: siamo venuti in tanti perché vogliamo molto bene alla signora Binha. Siccome la casa é molto piccola abbiamo deciso di celebrare fuori, come molto spesso succede, anche perché si sono presentate per la messa una quarantina di persone. Nessuno dei presenti arrivati aveva un volto triste, nonostante la siccità stia castigando questa terra. Per le persone delle comunità di base partecipare alla messa mensile o bimensile é un piacere, una cosa bella e non un dovere o un precetto. Ci si trova non solo per pregare, ma anche per aggiornare la situazione, rivedere gli amici che da tempo non s’incontravano. Dopo la messa, infatti, c’è sempre il classico cafezinho con un pezzo di torta o biscotti. La messa che celebro nelle comunità di base è sempre avvolta da molta umanità, dando così sapore e significato alla stessa celebrazione. In 13 anni di Brasile non ho mai celebrato una messa senza che ci fosse qualcuno a cantare. Anche nella più piccola CEB (Comunità Ecclesiale di Base), c’è sempre chi prepara la messa o la celebrazione.

Ben diverso è il quadro in Italia. Il prete è sempre presente nella parrocchia, formata da un’unica comunità. Forse è per questo che si ha il tempo di osservare i suoi abiti liturgici e non. Oltre a ciò è significativo anche il modo di celebrare la liturgia. Quante messe domenicali (?) ho celebrato senza che nessuno cantasse? Quante volte nella fatidica messa delle 11,30 nessuno si presentava a leggere? Importante é che ci sia il prete con il camice e con la stola giusta: il resto non c’entra. Se nessuno canta o se si recitano il gloria e l’alleluia invece di cantarli (cosa che non é mai successo nella mia esperienza brasiliana!) nessuno dice nulla; se il prete si presentasse senza camice, con la semplice stola sulla maglietta sarebbe l’argomento prediletto per settimane! E se poi questa maglietta fosse rossa con l’immagine di Che Guevara stampata sopra: apriti cielo!

Sono contraddizioni. Mi chiedo dove stia il senso di tutto questo ‘malessere’ religioso. Che cos’è successo per cadere in un formalismo così pietoso, sterile e ipocrita? Perché siamo arrivati al punto da non farci ribrezzo una messa domenicale senza vita? O peggio: perché nonostante tutto, la gente continua a frequentare questi riti funebri che sono diventate le messe della domenica, in molte chiese italiane?


Io continuerò, finché potrò, a celebrare le messe nelle comunità di Base, per trovare ispirazione e forza a celebrare anche nella mia amata terra. Nella speranza di essere accolto (spero bene).

1 commento: